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domenica 12 giugno 2011

Marchionne - Fabbrica Italia

Marchionne – Fabbrica Italia

Ha destato non poche perplessità, tra i più, il giudizio espresso (successivamente rientrato) dal nostro Presidente del Consiglio in cui si condivideva l’ipotesi, ventilata dall’amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne, di dirottare all’estero gli investimenti previsti dal piano industriale di Fabbrica Italia, per lo stabilimento di Mirafiori.

Ciò nella malaugurata ipotesi che l’accordo sul nuovo contratto di lavoro del 23 dicembre2010, sottoscritto solo da alcune delle confederazioni sindacali più rappresentative, ma non dalla Fiom – Cgil, non fosse stato ratificato dalla maggioranza degli oltre cinquemila dipendenti nel referendum indetto per i giorni del 13 e 14 gennaio.

A risultato acquisito, che ha visto il prevalere dei favorevoli al nuovo contratto e di conseguenza, se i patti saranno mantenuti, salvati gli investimenti, ci si deve interrogare se tali decisioni avranno, sul sistema delle relazioni industriali e del sistema paese in generale, delle ripercussioni.

Non bisogna dimenticare, infatti, che l’impresa va considerata come una “istituzione a finalità plurime” e non come una iniziativa imprenditoriale rivolta esclusivamente alle finalità economiche dell’investitore proprietario.Essa rappresenta un sistema economico e sociale a cui partecipa una pluralità di attori guidata in funzione di un giusto equilibrio tra obiettivi economici e responsabilità sociale.

La rilevanza sociale dell’impresa cresce in rapporto alle ricadute esercitate sul contesto in cui opera (ricadute occupazionali, d’investimento, di mercato, di partecipazione alla vita della comunità, ecc.) mentre quell' economica si lega alla ricchezza creata con la sua attività.

Tale circostanza non dovrebbe sfuggire al nostro Presidente, per aver egli ricoperto il ruolo di imprenditore, prima di dedicare il suo impegno alla politica, e al governo del Paese.

Quanto all’accordo sul nuovo contratto, che la dimensione tecnologica impone alla nuova organizzazione del lavoro, c'è da ritenere che sarà sicuramente fonte di ulteriori conflitti ed inciderà fortemente sulle relazioni industriali. Esso dovrà, infatti, da un lato, cercare una conciliazione tra tempo di lavoro e tempo di vita dei lavoratori, dall’altro fare i conti con una globalizzazione che costringe le imprese a cercare di restare competitive sul piano del costo del lavoro. Posizionandosi, quindi, sui mercati del lavoro a più bassi salari, ma allo stesso tempo cercando di attrarre, trattenere e motivare le persone con le migliori competenze.

Ciò può determinare un aumento dei differenziali retributivi che di solito genera nei soggetti problemi di equità che possono mettere in discussione gli equilibri sociali.

L’altro aspetto riguarda la strategia complessiva di sviluppo dimensionale con cui Marchionne si pone l’obiettivo di ottimizzare l’uso delle risorse aziendali e di acquisire una crescente forza nei confronti dei portatori di interesse (stakeholder) sia interni che esterni.

La Fiat che per anni ha perseguito con sistematicità la strategia di espansione internazionale si trova ora, grazie all’accordo di cooperazione con la Chraysler ma anche alla qualità del management aziendale e alla disponibilità di capitali propri, o convenientemente reperiti nel mercato finanziario internazionale, nelle condizioni di perseguire una gestione integrata delle attività domestiche ed estere che insieme all’organizzazione d'impianti di produzione e di reti di distribuzione in più Paesi del mondo, conferiscono alla stessa una dimensione multinazionale.

Questa nuova situazione influirà certamente sulle motivazioni che possono guidare il comportamento del gruppo imprenditoriale nell’attuazione della gestione.

Marchionne si trova ora nella doppia condizione di dover conciliare gli interessi di una public company a capitale fortemente frazionato e caratterizzata da una netta separazione tra proprietà e controllo (Chraysler) ed una società che è ancora espressione di un capitalismo familiare con una forte concentrazione del capitale, che attraverso il sindacato di voto detiene la maggioranza assembleare (Fiat). Deve quindi, da un lato, garantire risultati aziendali sempre migliori per soddisfare le attese degli investitori americani, adottando comportamenti tendenti a creare e diffondere valore per difendere l’azienda da eventuali scalate ostili, dall’altro a massimizzare le potenzialità reddituali dell’impresa nel lungo periodo per la famiglia Agnelli.

Ultimo aspetto nella logica della gestione multinazionale che può avere delle ricadute negative per il nostro paese e che queste imprese, attraverso la politica dei prezzi interni di trasferimento, riescono a trasferire il valore creato con la gestione in quei paesi in cui ritengono d'avere maggiori vantaggi, anche in termini fiscali. Sotto quest'aspetto l’elevata pressione fiscale che si registra in Italia non aiuta.

(Dante Zaru)

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