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domenica 12 giugno 2011

Portovesme s.r.l.: come ti metto in discarica le immondizie tossiche delle industrie europee (di Vincenzo Migaleddu)


Nel 2005 ci fu il referendum contro l'importazione di scorie tossiche a favore delle

“attività” della Porto Vesme s.r.l.: si chiedeva l’abrogazione della legge regionale

n°8/2001 che consente, ancora oggi, l'importazione in Sardegna di scorie

tossiche, qualificandole come materia prima. La legge regionale n°8,infatti,

consente l'introduzione di "(...) rifiuti di origine extra-regionale da utilizzare

esclusivamente quali materie prime nei processi produttivi degli impianti

industriali ubicati in Sardegna e già operanti alla data dell'approvazione delle

legge regionale, non finalizzata al trattamento e dallo smaltimento dei rifiuti".

L’istituzione regionale, allora guidata dal presidente Soru, non spese una lira per

una doverosa campagna di informazione rispetto ai quesiti referendari. La

“congiura del silenzio”, come fu chiamata allora, vedeva uniti sindacati, partiti di

governo e di opposizione che in nome del mantenimento dei “posti di lavoro”

aprivano “secondo legge” le porte della Sardegna all’importazione di rifiuti tossici,

implementando la contraddizione Salute/lavoro che ancora oggi ferisce il nostro

territorio.

In questo clima, il referendum regionale fu abbinato ai due referendum statali

sulla procreazione assistita e la ricerca sulle cellule staminali embrionali, per i

quali l’allora governo centrale aveva invitato all’astensione, contribuendo ad un

ulteriore “confondimento” e oscuramento dei quesiti proposti.

Nonostante tutto, malgrado anche le spinte della chiesa a disertare le urne

facendo appello alla coscienza religiosa, nei principali centri dell’ isola si sfiorò, e

2in certi casi si raggiunse, il quorum del 33% per il referendum regionale; non nei

piccoli centri, dove la campagna di informazione del comitato No Iscorias non

riuscì sopperire all’assenza di informazione istituzionale.

Nel materiale informativo preparato dal comitato si poteva leggere: “Il 13 gennaio

2004, all'Acciaieria AFV Beltrame di Vicenza, è accaduto di fondere una sorgente

radioattiva finita per cause, ancora non chiarite, tra i rottami in ingresso allo

stabilimento. L'emergenza è scattata quando le emissioni dei forni sono

transitate attraverso il portale di controllo della radioattività, posto all'uscita dallo

stabilimento. La sorgente radioattiva non è stata rilevata all'ingresso perché,

presumibilmente, schermata o sigillata; ma lo è stata solo dopo, quando a

seguito della fusione, si è liberata nei fumi del forno fissandosi alle polveri con

valori molto alti di Cesio 137 riscontrati pari a 25000 bequerel/kg.

Incidenti simili posso essere accaduti in altre acciaierie senza che ne sia

conseguito un comportamento virtuoso di denuncia”.

Le vicende dei Tir contenti fumi di acciaieria bloccati nel porto di Genova o di

questi ultimi individuati a Porto Vemsme prima di entrare in fabbrica, conferma

come fondate fossero le pure espresse dal referendum. A forzare le perplessità

per questo tipo di attività industriali concorse il processo contro i due responsabili

della Portovesme s.r.l., rinviati a giudizio per aver sotterrato abusivamente scarti

industriali tossico/nocivi nelle zone di Settimo San Pietro, Serramanna e nei

sottofondi stradali dell' ospedale di Cagliari, la cui prossima udienza si terrà il

giorno 8 febbraio, presso il palazzo di giustizia di Cagliari. Gli unici a non

preoccuparsi di ciò che accade sono i nostri amministratori regionali che, in

quanto tali, si guardano bene, forse per problemi di equilibrio politico personale,

dal seguire la preoccupante evidenza dei fatti che porrebbe in discussione

accordi pregressi: per esempio, quello di programma Regione-P.Vesme srl per

300 mil di euro, già firmato dalla giunta Soru durante la sua campagna elettorale

e arricchito, in seguito, con i benefits dell'eolico della giunta Cappellacci. Non

solo il Sulcis, ma anche Sarroch, Ottana, Porto Torres, Quirra e altre

costituiscono le diciotto aree industriali, militari e minerarie dove un male inteso

senso di sviluppo ha creato povertà, malattie e un forte degrado ambientale. Il

quindici maggio voteremo per dire Si contro l’ipotesi di costrizione di centrali

nucleari nella nostra terra: può essere, quella, un’occasione per affermare il

diritto dei Sardi ad una “soverania ambientale” e ad uno sviluppo sostenibile che

stia alla base di un progetto in sintonia con il futuro dei nostri figli.

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