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martedì 18 maggio 2010

La Sardegna verso il declino demografico

Nel 2047 la Sardegna, secondo le previsioni Istat, avrà 1.230.453 abitanti. Una diminuzione del 27% rispetto al 2009. Secondo le Nazioni Unite, genocidio è “ogni atto commesso con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso”. La diminuzione di più di un quarto dei propri abitanti non è la distruzione parziale del popolo sardo?
A questi dati sarebbero affiancare quelli sulla natalità (1,0 bambini per ogni famiglia) e quello sulla percentuale di anziani.
Per quanto riguarda il primo punto, non solamente la Sardegna ha il più basso tasso di natalità d’Europa. Siamo anche alla pari con la nazione più vecchia del mondo, il Giappone. Sulla percentuale di anziani, se nel 1992 gli ultrasessantacinquenni erano il 12,6% della popolazione, nel 2009 sono stati il 18,7%, e la tendenza è alla crescita.
Affrontare la dinamiche demografiche permette di avere più chiari fenomeni sociali profondi. I sociologi hanno spesso studiato come nascono i paesi. Nella Sardegna del XXI secolo, invece, dovremo studiare come i paesi muoiono. Tra il 1991 ed il 2009 il 71,4% dei comuni della Sardegna hanno perso popolazione. 32 ne hanno perso più del 20%, e 115 tra il 10% ed il 20%. Nel 2006 uno studio commissionato dalla Regione ha costruito un indicatore: lo Stato di Malessere Demografico (SMD). L’SMD racchiude sei indicatori, ed è suddiviso in cinque categorizzazioni: buona, discreta, precaria, grave e gravissima. 164 centri abitati (43,7% del totale) hanno un SMD grave o gravissimo. Significa che nei prossimi decenni scompariranno decine e decine di comuni. Questi fenomeni interessano le aree centrali della Sardegna. Come evidenziato dallo studio “ la maggior parte di questi comuni si distribuiscono su un’area molto vasta che occupa circa un terzo della superficie isolana, investe le regioni centrali e giunge fino alle colline della Trexenta, del Flumendosa e del Flumineddu. Quest’area si caratterizza, se si eccettua la Trexenta, per l’allevamento brado del bestiame ovino, caprino e suino. Inoltre, le zone maggiormente interessate da un’elevata condizione di malessere demografico sono quelle meno servite dalla viabilità stradale principale e dalla rete ferroviaria statale”.
Lo studio è stato pubblicato nel 2006. Non ci sono evidenze che queste dinamiche siano state arrestate. Anzi. La valutazione ex-post del programma LEADER + 2000-2006, un programma europeo volto a promuovere lo sviluppo integrato delle aree rurali, non ha mai avuto luogo. Non sappiamo se verrà mai fatta. In compenso il valutatore indipendente del Programma Operativo Regionale (POR) 2000-2006, il programma regionale di spesa dei fondi europei, si è espresso. Al convegno “La Sardegna che cresce” del 9 giugno 2009 si è fatto, tra l’altro, una valutazione del POR 2000-2006. Il valutatore ha giudicato negativamente i risultati sul fronte delle politiche rurali. Alle problematiche rurali fanno da contraltare dinamiche demografiche dell’area urbana di Cagliari anch’esse di primaria importanza. La capitale della Sardegna perde 2.000 abitanti all’anno. La crescente espansione dell’hinterland ha come prima, e spessa unica conseguenza, lo sfruttamento di territorio in un’ottica di brevissimo periodo. La funzionalità di questa città ipertrofica (l’area metropolitana di Cagliari), non fa che peggiorare.
L’abbandono delle zone rurali, lo spostamento verso le coste, l’invecchiamento e la periurbanizzazione sono fenomeni comuni a tutta l’Europa occidentale. In Sardegna, però, assumono connotati catastrofici. Straordinari. Alla elezioni provinciali, per ora, si è parlato poco di questi aspetti. Sicuramente se ne parlerà. E tanti candidati presidenti e consiglieri si sciacqueranno la bocca con le “zone interne”. Non prendendo atto di tutto quello che, in gran parte loro stessi, non hanno compiuto in questi anni. Al di là degli slogan, però, ci sarebbe bisogno di un progetto. Coraggioso. Rivoluzionario. Includente, innanzitutto per donne e giovani. Cominciamolo.
(Enrico Lobina - enricolobina@tiscali.it)

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