Tramas è un'organizzazione indipendente che ha due obiettivi:
1) mettere in rete giovani sardi, studenti, ricercatori e
professionisti, operanti nelle città e nei paesi della Sardegna, in continente e all'estero;
2) mettere in cantiere iniziative di analisi e azione per lo sviluppo
della Sardegna.


domenica 30 maggio 2010

Il ricordo e la memoria

Avevo 17 anni, e quel giorno tornavo da una gita spensierata con i miei amici; nel bar, vicino alla stazione dei pullman, le immagini del televisore scorrevano incomprensibili: hanno ucciso Giovanni Falcone.

Onestamente non sapevo chi fosse, cosa faceva, che faccia avesse. Stavo per diventare maggiorenne ma il mio mondo non comprendeva mafia, politica, stragi. Unico obiettivo: superare la maturità e passare una estate al mare come le altre. Eppure a distanza di 18 anni, ricordo perfettamente quel giorno, quelle immagini che avevano rovinato una giornata di festa. Quante cose sono cambiate da allora? Molte, poche, dipende dai punti di vista, so solo che sono cresciuto e non sono sicuro di aver capito fino in fondo cos’è successo quel 23 maggio del 1992 a Capaci.

Ogni anno in occasione dell’anniversario della strage in cui morì il magistrato Falcone, la moglie e gli uomini della scorta, vengono organizzati diversi eventi, commemorazioni, iniziative “per non dimenticare”, perché il tempo passa e la forza dirompente di quell’evento che scosse le coscienze si affievolisce e richiede una rinfrescata. “La memoria umana è uno strumento meraviglioso ma fallace” scriveva Primo Levi e realmente necessita di continui stimoli e di strumenti per tenerla in costante allenamento.

Quanto è importante ricordare? Direi che è fondamentale, pensate a coloro che soffrono di amnesia come i malati di Alzheimer: ricordano tutte le parole del “Barbiere di Siviglia” ma non ricordano dove abitano e non sanno ritrovare la strada di casa. Ricordare fatti, persone, situazioni, profumi, sapori, e poterli associare in una rete, consente di vivere seguendo schemi ben precisi che altrimenti bisognerebbe reinventarsi continuamente. In pratica, se non ricordi come si apre la porta, non potrai più rientrare in casa; se non ricordi il nome di quell’amico di tuo padre che fa l’idraulico rimani con la casa allagata. Insomma la memoria ci consente di vivere e sopravvivere. Del resto i buchi, spesso voragini, della nostra memoria fanno la fortuna dei produttori di agende, pendrive, PC e tutti i surrogati del nostro cervello.

Ma ricordare è un processo molto più complesso del semplice memorizzare. Un elenco si può mandare a memoria, ma ricordare un evento significa associarlo alla componente sensoriale che rende la nostra mente uno strumento unico e insostituibile. Ricordiamo i suoni, i profumi, le sensazioni, i sentimenti che si associano all’evento, al nome di quella ragazza che ci piaceva tanto, alle immagini che ci hanno sconvolto o che ritornano alla mente in modo piacevole. Ricordo ancora il profumo particolare di quel libro preso in prestito alla biblioteca universitaria, che non era semplice odore di muffa, e accompagnava la lettura de “Il nome della rosa”.

Senza contare poi che il ricordo della nostra storia personale, il nostro vissuto, è la base per costruire la nostra stessa identità: se non avessimo memoria di noi stessi non potremmo sapere chi siamo.

Non solo, se la memoria è di aiuto al singolo, tanto più la memoria è di aiuto alla collettività. In ogni gruppo famigliare, per esempio, esiste qualcuno che è “portatore” della memoria storica della famiglia, quello che si ricorda i nomi delle zie emigrate in Germania, o che ricorda quel periodo brutto in cui tutti si rimboccarono le mani per aiutare il vicino di casa. Questi ricordi hanno una doppia valenza: da una parte creano un senso di appartenenza al gruppo, dall’altra ampliano la sfera esperienziale del singolo. “Ti ricordi di quel natale a casa di Nonna?” Un ricordo condiviso che ci fa sentire parte di un gruppo, che ci aiuta ad identificarci in quel gruppo, in quella famiglia piuttosto che in un’altra, avendo sempre un punto di riferimento. “Ma nonna il sugo lo faceva così”. Il ricordo dell’esperienza degli altri diventa bagaglio culturale comune, di cui il singolo può trarre giovamento, consentendo di raggiungere un obiettivo prima, con minori sforzi e tentativi falliti.

E come la memoria individuale è alla base dell’identità del singolo, così (in modo forse semplicistico) la memoria collettiva è la base dell’identità di una nazione.

Su questa riflessione nascono le iniziative di commemorazione di eventi drammatici come la strage di Capaci: lo scopo è di “rinfrescare” la memoria collettiva, che aiuti chi c’era a tenere saldi i punti di riferimento, a rinnovare l’impegno dello Stato (inteso come collettività) nella lotta alla mafia, ma anche trasmettere a chi non c’era, bambini e adolescenti, quella memoria collettiva tanto importante per l’identità di una nazione. Ricordare la figura di Falcone, e non solo la sua morte, con la sua storia e il suo impegno civile, vale a rinnovare il senso di identità, di appartenenza ad una nazione che ci unisce, e che nei giovani sembra invece venire meno in un periodo in cui le divisioni e l’individualismo tende a prevalere.

Il tema “memoria e identità” così tanto dibattuto a livello politico locale e regionale e, a mio parere, sottovalutato a livello nazionale, dovrebbe invece essere riproposto continuamente alle giovani generazioni, lavorando nelle scuole prima di tutto e coinvolgendo progressivamente famiglie, adulti, anziani, le varie componenti della società, le istituzioni, non lasciando che rimanga una questione filosofica o di marginale interesse per gruppi politici o peggio argomento di campagna elettorale da far cadere presto nel dimenticatoio. Mi sembra però una di quelle imprese impossibili, destinate al fallimento, soprattutto se guardiamo all’esempio istituzionale: come si può pretendere di organizzare il 150° anniversario dell’Unità d’Italia se non si dà il giusto valore alla memoria storica? Probabilmente assisteremo ad una serie limitata di eventi privi di contenuti, forse solo l’occasione per un giorno di festa e per i ragazzi un giorno in meno di scuola!

A tal proposito il pensiero va proprio agli adolescenti del mio gruppo parrocchiale: quando ho mostrato loro le foto di alcuni personaggi ben noti per il loro impegno sociale, chiedendo di identificarli, tra Ghandi, Madre Teresa, Martin Luther King, Mandela, una sola di queste foto non provocava nessuna reazione, era quella di un uomo di mezza età, capelli brizzolati e baffi neri, un uomo come tanti e non l’hanno riconosciuto. Era la foto di Giovanni Falcone.

Roberto Prost (robertoprost@yahoo.it)

Per approfondimenti:

http://www.fondazionefalcone.it/index2.htm

http://www.emsf.rai.it/aforismi/aforismi.asp?d=142

http://www.governo.it/150_italia_unita/anniversario/index.html

Nessun commento:

Posta un commento