Tramas è un'organizzazione indipendente che ha due obiettivi:
1) mettere in rete giovani sardi, studenti, ricercatori e
professionisti, operanti nelle città e nei paesi della Sardegna, in continente e all'estero;
2) mettere in cantiere iniziative di analisi e azione per lo sviluppo
della Sardegna.


mercoledì 30 dicembre 2009

Il nucleare e la (inverosimile) rivoluzione del mercato dell’energia elettrica in Sardegna

Per capire le ragioni del costo dell’energia in Sardegna e della procedura di infrazione aperta della Commissione europea sull’illegittimità delle agevolazioni tariffarie concesse all’Alcoa (circa 400 milioni di euro), dobbiamo rifarci alle dichiarazioni che il 5 febbraio 2009 il presidente dell'Antitrust, Antonio Catricalà, ha rilasciato in un'audizione in Commissione Attività produttive della Camera, circa l'incentivazione di energie rinnovabili e assimilate, le cosiddette “Cip 6”: ''Permangono le distorsioni derivanti dal fatto di sovvenzionare la produzione di energia elettrica da fonti assimilate e non rinnovabili in misura di gran lunga maggiore rispetto a quelle rinnovabili; nel 2007 il costo per il Gestore servizi elettrici (GSE) è stato di 3 miliardi e 746 milioni di euro per l'energia ritirata da fonti assimilate e di 1 miliardo e 482 milioni di euro per l'energia da fonti rinnovabili; (…) Tali distorsioni continueranno a gravare sui consumatori finali almeno fino alla scadenza naturale delle convenzioni, che dovrebbe avvenire non prima di 7-10 anni, anche se la loro incidenza tenderà progressivamente a diminuire''.

Secondo i dati del GSE del luglio 2009 la crisi produttiva che ha colpito la penisola italiana con la contrazione della domanda di energia elettrica ha prodotto a luglio di quest’anno un’ulteriore riduzione del prezzo di vendita che è sceso, tanto nelle regioni del centro che del nord, allo stesso livello dei primi mesi del 2005, cioè a 49 euro/MWh e al Sud a 45 euro/MWh, raggiungendo il minimo storico.

In Sardegna la Sarlux usufruisce dell'incentivo CIP6, raggiungendo circa la metà della produzione media giornaliera sarda ( circa 600 Mw/1200Mw) e godendo così della posizione di operatore dominante nel mercato isolano; si spiega così come, pur con la contrazione della domanda dovuta alla crisi dell’industria energivora (Alcoa compresa), il costo dell’energia si sia mantenuto a 88,92 euro/MWh , quasi il doppio rispetto alla penisola. A ben vedere i costi di produzione dell’energia elettrica in Sardegna sono più bassi che nel resto della penisola: produrre dalla combustione dei residui della raffinazione del petrolio – come nel caso della Sarlux - è un guadagno assoluto (portare a smaltimento con inertizzazione è un costo che viene evitato; i costi sociali e sanitari che le popolazioni di Sarroch, dei paesi e delle città del circondario sono costrette a pagare non entrano in nessun bilancio). Avrà Scajola la forza di rompere questo giocattolo imponendo il nucleare? In particolare una centrale nucleare EPR (Reattore nucleare europeo ad acqua pressurizzata) da 1600 MW che ha la necessità di produrre nelle ore di minore richiesta almeno 800 MW per il mantenimento della massa critica (concentrazione e disposizione di atomi con nuclei fissili per cui la reazione a catena si mantiene stabile ed il numero di neutroni presente nel sistema non varia). Tale produzione metterebbe in discussione la posizione della Sarlux come operatore dominante. Al contempo, richiederebbe investimenti finanziari e di tempo non facilmente quantizzabili; la costruzione di una centrale nucleare è caratterizzata da una incertezza dei costi (dal 150-300% in più rispetto a quelli previsti) e dei tempi (fino al doppio degli anni previsti); ciò porta la costruzione di una centrale elettrica nucleare fuori convenienza in un mercato libero e non condizionato da aiuti di stato.

A queste considerazioni in tema di energia si ricollega un’altra decisione politica – bipartisan – relativa agli orientamenti regionali in materia di sviluppo industriale e di gestione dei rifiuti speciali.

L’11 febbraio 2009 la Giunta Soru ha varato un accordo di programma con la Portovesme Srl, per complessivi 300 milioni, teso al raddoppio della produzione di zinco a partire dalla lavorazione dei rifiuti tossici di importazione, denominati “fumi di acciaieria”. Dal 24 aprile la Giunta Cappellacci porta avanti il progetto. Solo per la discarica necessaria allo stoccaggio dei residui sono previsti 60 milioni di euro (la Regione concorrerebbe con circa 50) per contenere 300mila tonnellate circa di rifiuti residui alla lavorazione dei fumi (adesso sono circa 180mila). Mi pongo allora due domande. C’è bisogno di nuovi pericoli in un’area come il Sulcis, già pesantemente inquinata ? Non c’è il rischio di creare corsie preferenziali per il futuro smaltimento di rifiuti nocivi e forse radioattivi provenienti da altre regioni d’Italia o d’Europa ?.


Vincenzo Migaleddu

Per ulteriori approfondimenti, vedi. la presentazione svolta da Vincenzo Migaleddu al convegno “Ambiente, energia e salute per uno sviluppo sostenibile” organizzato dall’Associazione Nino Carrus a Borore il 27 febbraio 2009 (link).

Nessun commento:

Posta un commento