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domenica 21 febbraio 2010

Il fumo sull’Alcoa

La vicenda della Alcoa induce alcune riflessioni; di fronte ad una crisi così drammatica la classe politica stenta a trovare nuove soluzioni e indugia nel proporre vecchi percorsi che sono, essi stessi, alla base del fallimento di questa e di altre imprese industriali in Sardegna. Con un suo intervento su un giornale locale Francesco Pigliaru, ex assessore alla programmazione per buona parte del governo Soru, invita ad “andare oltre un modello di sviluppo tramontato che ha disperso un'enorme quantità di risorse pubbliche”; ciò che rende drammatica la disoccupazione è l’assenza “nuova politica di protezione di chi resta senza un lavoro” e propone di discutere sulla proposta di Pietro Inchino, presentata in Senato da circa un anno, dove centrale è “l'idea che chi licenzia poi contribuisca a finanziare il percorso del licenziato verso un nuovo lavoro. In questo modo l'impresa avrebbe tutto l'interesse a scegliere percorsi rapidi ed efficaci, e così facendo favorirebbe la crescita qualitativa dei servizi di orientamento e di formazione offerti nel territorio”. E’ evidente la consapevolezza che né l’energia a “basso costo” per l’Alcoa, né l’affrontare singolarmente i problemi di una singola impresa serva a risolvere la crisi dell’intero comparto dell’industria pesante in Sardegna. Ci sono altre riflessioni da fare? Una parte politica mostra una certa volontà di dibattito su quale sia l’energia migliore per lo sviluppo della Sardegna e quale possa essere (se c’è) il ruolo del nucleare. E’ forse utile dibattere prima di tutto su quanta energia sia utile allo sviluppo e al benessere de Sardi. Molti credono, anche fra i politici, che l’ostacolo a tale sviluppo e benessere vada ricercato nella insufficiente produzione di energia nell’ isola; i più attenti sono informati del fatto che la nostra produzione annua si aggira sui 12-13mila GWh/anno (circa l’8% in più del nostro consumo); quasi invece nessuno sa che la produzione annua di energia elettrica della regione Liguria, che per numero di abitanti più si avvicina alla Sardegna, pur essendo parte integrante del triangolo industriale italiano è di appena 6 mila e seicento GWh. E’ importante sapere che entrambe (Sardegna e Liguria) esportano extraregione direttamente o indirettamente (si considera esportazione indiretta quella di tutti i prodotti ad alto contenuto energetico) oltre la metà della loro produzione. La strada quindi di ulteriore produzione di energia elettrica sicuramente non è quella giusta. C’è il problema delle tariffe che abbiamo già affrontato in un altro editoriale; finché non si elimina la turbativa di mercato relativa all’acquisto, da parte del GSE (Gestore del Servizio Elettrico) di energia elettrica a tariffa incentivata (circa il doppio del prezzo corrente attraverso i meccanismi del CIP6 ed i certificati verdi) dall’ operatore dominante rappresentato dalla SARAS, non si può trovare nessuna soluzione credibile. Il decreto legge, sull’Alcoa, la cui discussione per la conversione in legge è in corso in Senato, mostra come anche a Roma si cerchino soluzioni parziali e non praticabili per la soluzione della crisi che investe la Sardegna. Perché tariffe agevolate all’Alcoa del Sulcis e non all’ Equipolimeri e alla Lorica di Ottana o anche ai Sign.ri Pistis e Paddeu e a tutte le piccole e medie imprese, anche agroalimentari, presenti in Sardegna? Per capire meglio la crisi dell’Alcoa vale la pena di ricordare che l’alluminio è un materiale totalmente riciclabile. Il suo recupero e riciclo, oltre a evitare l’estrazione da bauxite (che comporta la produzione annua di 1 500 000 ton/anno di rifiuti speciali, quali i fanghi rossi con ulteriori ed elevati costi economici e socio-sanitari), consente di risparmiare il 95% dell’energia richiesta per produrlo, partendo dalla materia prima. Infatti per ricavare dalla bauxite 1 kg. di alluminio sono necessari 14 kWh, mentre per ricavare 1 kg. di alluminio nuovo da quello riciclato servono solo 0,7 kWh di energia. Quindi solo a condizione che l’energia sia totalmente gratuita, il processo produttivo dell’Alcoa diventerebbe competitivo rispetto a quello della produzione di alluminio da riciclo; è ovvio che i costi economici e socio sanitari sarebbero sempre a carico degli abitanti del Sulcis e di tutta la Sardegna.  Il riciclo dell’alluminio costituisce un’importante attività economica, che dà lavoro a molti addetti: l’Italia è il primo produttore europeo di alluminio riciclato ed il terzo nel Mondo. Una nuova quota di tale produzione con conseguente occupazione dovrebbe essere assegnata alla Sardegna. Eviteremo così di difendere l’indifendibile anche sul piano economico e potremo promuovere la riconversione di un sistema produttivo a bassa efficienza o energivoro come la produzione di alluminio dalla bauxite. Per adesso molto fumo e troppe emissioni e neanche il maestrale riesce a rischiarare il cielo.

(Vincenzo Migaleddu)

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